Relazione |
L'essere umano è un «essere sociale» in quanto non c'è fase della sua esistenza che egli viva al di fuori dei rapporti interpersonali. Come ebbero a sottolineare M. Horkheimer e Th. Adorno, se nel fondamento stesso del suo esistere l'essere umano è attraverso altri, che sono i suoi simili, e solo per essi è ciò che è, allora la sua definizione ultima non è quella di una originaria indivisibilità e singolarità, ma piuttosto quella di una necessaria partecipazione e comunicazione agli altri. Prima di essere - anche - individuo, l'essere umano è uno dei simili, si rapporta ad altri prima di riferirsi esplicitamente a se stesso, è un momento delle relazioni in cui vive prima di poter giungere eventualmente ad autodeterminarsi. Una prospettiva sviluppata in psicologia da G. Mead e da L. Vygotskij. Sebbene le relazioni abbiano interessato studiosi, romanzieri e persone comuni da tempi immemori, in psicologia solo recentemente esse sono diventate oggetto di una ricerca sistematica. A cavallo tra '800 e '900, e tra psicologia e sociologia, G. de Tarde cercò di delineare una tipologia delle relazioni sociali, sottolineando la centralità dell'imitazione. Il tema sarà poi sviluppato mionomamente dalla sociologia, in particolare da G. Simmel, M. Weber e T. Parsons, mentre nella nascente psicologia si perderà in mille direzioni, assumendo spesso un ruolo di sfondo nelle varie prospettive teoriche e nelle diverse aree d'indagine: dall'influenza sociale alla formazione dell'identità, dalla comunicazione all'apprendimento. Solo alla fine degli anni '70 del '900 - in corrispondenza di un passaggio d'epoca che rende i rapporti umani sempre meno garantiti dalla tradizione - nascono organizzazioni, riviste scientifiche e gruppi di ricerca appositamente dedicati allo studio delle relazioni interpersonali. La psicologia studia le relazioni con l'intento di individuare che cosa induca le persone ad avvicinarsi, allontanarsi o ignorarsi. In senso funzionale, le relazioni permettono alle persone di raggiungere scopi, rendono possibile la conoscenza di sé, degli altri e dell'ambiente, forniscono un contesto al soggetto per permettergli di esprimere la propria identità e lo aiutano a preservare una concezione positiva di se stesso. Gli esseri umani vivono rapporti di interdipendenza secondo quattro dimensioni generali: 1) condivisione comune: il gruppo offre un medesimo orizzonte di significati che permette ai componenti di comprendersi vicendevolmente e di assumere atteggiamenti di solidarietà. 2) Gerarchie di autorità: i ruoli sociali sono gerarchicamente organizzati e ai diversi livelli compete una specifica distribuzione del potere che determina le specifiche modalità di interazione. 3) Relazioni tra pari: in questo ambito sono vagliati i rapporti di reciprocità tra individui i cui ruoli condividano il medesimo livello di status. 4) Valutazione mercantile: si tratta della valutazione dei rapporti secondo parametri generali di confronto, come ad esempio il denaro (Fiske, 1990). Se in psicologia il concetto di relazione è praticamente ubiquitario, diventa però indispensabile circoscriverne il perimetro per comprenderne le peculiari specificità. Quando si parla di relazione si intende una serie di interazioni tra due o più persone in un certo arco temporale. Pertanto, una relazione non è assimilabile alla mera interazione sociale. Infatti, la prima presuppone un legame tra le parti, mentre la seconda può anche avvenire tra persone prive di legami. E’ questa differenza risulta assai informativa circa la qualità delle interazioni scambiate all'interno di una relazione. La quale diventa il contesto entro cui prende forma e senso il comportamento dei singoli. Quindi le relazioni possiedono speciali proprietà che rendono comprensibilmente i loro significati e le loro strutture più complessi di semplici episodi sociali (Hinde, 1979). Innanzitutto, le relazioni si declinano nel tempo, seguono un ciclo di sviluppo e pertanto possiedono una storia. Gli eventi passati possono influenzare le interazioni correnti e aver generato una cornice all'interno della quale le varie esperienze vengono valutate. Ad esempio, una critica personale è probabile che sia interpretata diversamente all'interno di un rapporto armonioso rispetto a uno astioso. Parimenti, aspettative, scopi e fantasie che investono il futuro incidono sugli attuali comportamenti interpersonali. Una seconda caratteristica tipica delle relazioni è il processo di mutua influenza tra gli interagenti, sebbene non sia una condizione necessariamente sempre presente. I partner si influenzano l'un l'altro generando un complesso modello di eventi concatenati. Le dinamiche interpersonali che producono l'interdipendenza tra le parti non possono, ovviamente, essere colte in pieno attraverso un singolo episodio d'interazione. La reciprocità si forma infatti attraverso una molteplicità di accadimenti nel tempo e nei vari contesti. Per esempio, due amici possono dedicare un intero pomeriggio ai problemi di uno dei due, mentre l'altro assume il ruolo di confidente. E’’ in un'interazione futura questi ruoli possono ripresentarsi a parti invertite. Un altro elemento peculiare delle relazioni è quello di possedere durature caratteristiche prototipiche, mediante le quali i partner sviluppano una consapevolezza relazionale, ossia si rendono conto della natura del loro rapporto e delle aspettative che lo governano. Simili credenze possono essere esplicite e consensuali, così come implicite e idiosincratiche. La consapevolezza relazionale è un concetto molto ampio: include sentimenti e opinioni dei partner, così come delle metaprospetti-ve, ossia come ciascun partner comprende i sentimenti dell'altro nei suoi confronti e verso la relazione. Un'ulteriore caratteristica delle relazioni è quella di essere solitamente inserite in una più ampia rete sociale. I partner pertanto devono bilanciare i bisogni della propria relazione con altre. Per esempio, una coppia di coniugi può essere, allo stesso tempo, una coppia di genitori, e le rispettive esigenze dovranno essere coordinate. Il rapporto diadico può anche influenzare il modo e il grado con cui i singoli partner soializzano con altri membri della rete sociale. Infine, le relazioni risultano unidimensionali o multisfaccettate: le prime sono limitate a un solo dominio, mentre le seconde abbracciano diverse aree. Un buon esempio di queste ultime è il matrimonio, dove sono implicati confidenze emotive, pratiche sessuali, sostegno economico, ecc. In psicologia il tema delle relazioni coinvolge diversi settori. Tra questi emergono, per importanza, le ricerche relative all'attrazione interpersonale, cui si collegano gli si udì sul rafforzamento e la crescita dei livelli di interdipendenza e del loro grado di intimi Ili, nonché quelli incentrati sulla rottura delle relazioni. Sono ossia rilevanti, per un verso, la differenza che intercorre tra rapporti significativi e superficiali, per l'altro, i fattori che determinano il successo o l'insuccesso dell'interazione. Vengono quindi studiate le relazioni di coppia, familiari e amicali, in funzione del loro divenire secondo il ciclo di vita e le diverse collocazioni socioculturali, mentre un sempre maggiore interesse in campo applicativo è rivolto alla specificità dei rapporti che si instaurano in base al ruolo sociale (medico/paziente, insegnante/allievo, colleghi di lavoro, ecc.). Tra i fattori pili importanti che intervengono come organizzatori delle relazioni giocano un ruolo fondamentale le regole e le norme, e la differenziazione di ruolo e di status. Le regole sono indicazioni generali di comportamento che non corrispondono a comandi particolari e che promuovono il mantenimento o l'eliminazione di certe condotte, secondo una pertinenza situazionale e culturale. A tale definizione è collegato il concetto di norma, la quale consiste in una regola descrittiva o proscrittiva-prescrittiva che assolve a funzioni di comprensione (funzione convenzionale) e di riferimento per la formulazione di criteri di giudizio e valutazione (funzione assiologica). Nella misura in 1 cui sono efficaci, le norme disciplinano comportamenti e atteggiamenti, producendo una tendenza all'uniformità, poiché agisco- j no da punti di riferimento che permettono di interpretare e prevedere gli eventi sociali. Le norme sono l'esito di interazioni e relazioni sociali prolungate nel tempo, ma non indicano comportamenti validi per tutti in tutte le occasioni; esse variano a seconda di molteplici fattori, tra i quali emergono le differenziazioni di ruolo e di status. A seconda della posizione assunta in specifiche circostanze, le regole cui le persone fanno riferimento sono differenti. Ogni gruppo umano è infatti dotato di una struttura, che consiste in una rete interdipendente di ruoli e status, tramite cui si rendono prevedibili alcuni comportamenti sociali. Appartenendo a ogni settore del sistema sociale, le regole, le norme, le differenziazioni di ruolo e status organizzano tutte le relazioni (Zamperini e Testoni, 2002). L'individuo, sin dalla prima infanzia, impara a impostare i rapporti interpersonali attraverso la socializzazione. Il tratto fondamentale di qualsiasi rapporto è la reciprocità, capacità di interagire modulando se stessi in base a quanto accade nell'altro, che viene sviluppata nel contatto con la figura materna. L'orientazione reciproca che si instaura nella relazione madre/bambino apre quest'ultimo alla maturazione delle abilità di risposta e sollecitazione verso l'altro. Nelle interazioni che evolvono in relazioni significative gioca un ruolo primario anche la selettività, ossia la possibilità di scegliere con chi mantenere i rapporti. Le relazioni richiedono quindi capacità sia di corresponsione sia di discriminazione e scelta. Un importante contributo in questo campo è stato offerto dalla teoria dell'attaccamento di J. Bowlby (1969; 1973; 1980), secondo cui esiste nel bambino una tendenza innata a sviluppare un forte legame affettivo con la figura materna, poiché ella gli garantisce una base sicura per poter vivere. La persona che si prende cura di lui è il partner elettivo verso il quale il neonato orienta la propria preferenza e con cui egli impara a esercitare i primi scambi comunicativi, espressi secondo il codice del bisogno e dell'appagamento. Tali studi interessano anche i rapporti interpersonali nell'età adulta. Sembra infatti che gli esseri umani tendano - specialmente con i propri figli - a riproporre il tipo di legame prototipico che hanno sperimentato con la propria madre, generando quindi una specie di ereditarietà culturale delle forme di attaccamento. Tali modalità sono interiorizzate come modelli operativi del Sé, ai quali inconsapevolmente il soggetto ricorre nell’impostare i propri legami significativi nella vita. Sebbene sia assai diffusa la convinzione che l'attaccamento sicuro del bambino influenzi positivamente il suo futuro, non va dimenticato che gli esiti dell'attaccamento possono essere modificati dalle esperienze successive. La famiglia assume un ruolo fondamentale nella socializzazione primaria, perché permette al bambino di conoscere e interiorizzare il rispetto delle regole e le rappresentazioni che guidano le interazioni. Nell'età prescolare le relazioni con i pari si realizzano prevalentemente con i fratelli e sono caratterizzate da forti emozioni positive e negative, che accompagnano l'alternarsi di rivalità e cooperazione, in un susseguirsi di interazioni ambivalenti. In tale fase, per l'evoluzione della competenza sociale del bambino è prezioso l'ingresso in organizzazioni come l'asilo nido e la scuola materna, che gli permette di interagire con adulti diversi dai genitori e con compagni di gioco cui non è legato da intensi rapporti affettivi. E’’ in questa nuova realtà che egli sperimenta l'appartenenza a gruppi, mettendo in atto comportamenti agonistici e altruistici, ovvero generando con i compagni rapporti gerarchici di simmetria e dominanza, insieme all'esercizio di legami di preferenza e scelta di affiliazione. Dinamiche interpersonali che si sviluppano ulteriormente nel mondo della scuola. Nella preadolescenza e nell'adolescenza si modificano i rapporti con i genitori, e con il graduale sviluppo del senso di sé e dell'autonomia da parte dei figli si presentano contrapposizioni e conflitti che determinano un riaggiustamento dei ruoli familiari. Parallelamente i rapporti con i coetanei guadagnano maggiore importanza, e i giovani iniziano a partecipare alla vita di gruppi organizzati e informali, cimentandosi con confronti continui ai quali è legato lo sviluppo dell'identità personale e sociale. Una buona socializzazione primaria, realizzatasi nei primi cicli evolutivi, garantisce le basi sulle quali erigere la socializzazione secondaria, ossia il rapporto dell'individuo adulto con istituzioni diverse dalla famiglia e che non implicano la mediazione o il controllo della medesima. In ogni cultura esistono riti differenti di iniziazione, e questo accade in maniera complessa e molto protratta nel tempo anche in Occidente. Tali processi insegnano al soggetto che la realtà familiare non è il centro dell'universo, e che quindi l'incontro con gli altri richiede che vengano messe in atto forme di relazione differenti da quelle impostate dai genitori. Una specifica rilevanza nell'esistenza umana assumono le «relazioni profonde», ovvero i rapporti d'amore, familiari e amicali. Il grado di intimità (svelamento di sé all'altro) in queste relazioni varia in base al tipo di rapporto: maggiore risulta in quello di amore (specialmente nei rapporti di coppia consolidati), minore nell'amicizia e nei rapporti di parentela. Il tempo invece gioca una funzione inversa: esso si protrae più a lungo nei secondi due ed è talvolta più breve nel primo. Varie ipotesi guidano gli studi psicologici sulle motivazioni che muovono gli individui gli uni verso gli altri (attrazione interpersonale) e promuovono legami significativi. Un primo orientamento si fonda su un'immagine di essere umano prettamente edonista, per cui egli è attratto dalle persone che gli procurano gratificazione, ovvero rinforzi positivi (Clore, 1977). Ma, sebbene gli sia attribuita una certa importanza, questo fattore non è considerato il fondamento che orienta la relazione. Maggiore rilevanza hanno ottenuto le teorie dello scambio, sviluppatesi intorno a una rappresentazione di «uomo economico», secondo cui le persone nelle loro relazioni tendono a massimizzare i propri vantaggi, minimizzando i costi. Le valutazioni tramite cui gli individui rendono conto a loro stessi del guadagno raggiunto o attendibile avviene confrontando due livelli relativi alle aspettative di vantaggio rispetto alla relazione in atto: il confronto con le precedenti esperienze e con le possibili alternative. Ma anche tale aspetto, certamente presente in gran parte dei rapporti umani, non è in grado di sostenere l'impianto motivazionale di fondo che porta gli individui alla condivisione per lungo tempo dei percorsi della vita. Per questo motivo la prospettiva si è evoluta come teoria dell'equità; in effetti, specialmente nei rapporti prolungati, non è tanto il vantaggio individuale che sostiene la relazione, quanto piuttosto l'equa distribuzione di costi e benefici. I limiti evidenti dei suddetti orientamenti sono determinati dal considerare le relazioni interpersonali partendo da un'ottica individualista, ignorandone le costituenti sistemiche. La circolarità delle comunicazioni dei soggetti implicati in un rapporto comporta che le loro emozioni, i pensieri e i comportamenti siano interconnessi, poiché ognuno di essi ritorna ai singoli dopo un processo di elaborazione da parte dell'altro, modificando le condizioni iniziali e generando cambiamenti nelle aspettative reciproche Tale rilevamento ha dato forma alla teorin dell'interdipendenza (Kelley e Thibaul, 1978), che ha ampiamente studiato come l'interdipendenza influisca sulla gestione dd conflitti, sui processi di autovalutazione e di distribuzione del potere. Di recente un nuovo approccio teorico ha integrato tutti questi differenti contributi. Si tratta del modello dell'investimento, secondo cui la dipendenza soggettiva all'interno di una relazione dipende da tre fattori: il grado di soddisfazione raggiunto, l'importanza delle alternative, il livello di investimento di risorse che sono richieste per mantenere il rapporto. L'interazione fra tali dimensioni si traduce nel vissuto di impegno soggettivo necessario per mantenere la relazione. Le ricerche che assumono l'ottica dell'interdipendenza accolgono l'assunto cibernetico secondo cui ogni sistema tende a organizzarsi in termini funzionali al mantenimento dell'equilibrio. Secondo i punti di vista non funzionalisti, però, tale stato non sempre è l'elemento cardine che determina la configurazione di una qualsiasi unità composta da parti interagenti - sia essa una società, un gruppo o una coppia. Tale posizione è stata assunta dalla prospettiva dialettica, che attualizza l'importanza delle dinamiche tra opposti, inevitabilmente relati in una tensione che produce il divenire della relazione (Baxter, 1988). I principali poli al cui interno le relazioni si evolvono riguardano gli aspetti di apertura/chiusura, stabilità/cambiamento, novità/prevedibilità, autonomia/ dipendenza, contatto/assenza di contatto. In conclusione, ciò che differenzia le relazioni profonde adulte da altre forme di interazione umana consiste nella loro alta interdipendenza tra i soggetti, capace di offrire, per lungo tempo, occasioni di scambi frequenti e vari. E’’ possibile riconoscere alcune fasi nel ciclo di vita delle relazioni, pur ammettendo che non tutte passano necessariamente attraverso le stesse fasi con lo stesso ordine. Tra queste vi sono: la conoscenza, la formazione, il consolidamento, il deterioramento e la conclusione. La conoscenza subisce l'effetto di vari fattori, tra i quali emergono: l'attrazione fisica (preferiamo chi è più bello); la frequenza dell'interazione (conosciamo meglio coloro che abbiamo più possibilità di incontrare); la somiglianza (si frequenta preferibilmente chi la pensa come noi); il rinforzo (impostiamo più facilmente relazioni con chi ci gratifica). La formazione e il consolidamento di un rapporto dipendono dalla crescita del coinvolgimento e dalla propensione al disvelamento di sé; ciò comporta, per un verso, un aumento dei livelli di investimento, definiti da un incremento delle occasioni di incontro, della vicinanza, dell'affetto, della confidenza, e per l'altro verso, l'ulteriore definizione della sua natura (amicale o romantico-amorosa). Il declino e la conclusione istituiscono esattamente il processo inverso che vede il decremento della frequenza degli incontri, degli affetti positivi coinvolti, con un conseguente aumento della distanza, fino all'estinzione del contatto. Nella vita adulta le relazioni profonde giocano un ruolo importante, e tra queste quella che assume la rilevanza maggiore è il rapporto di coppia. I partner condividono esperienze significative e il loro rapporto è caratterizzato da una forte interdipendenza; esso può dunque essere fonte di gratificazioni ma anche di sofferenze e dissidi, poiché richiede ingenti investimenti economici e un costante coinvolgimento personale. Un rapporto affettivo è tanto più profondo quanto più è caratterizzato dall'interdipendenza in molte sfere dell'esistenza e i livelli di questa dimensione ne definiscono la tipologia. Si danno infatti coppie tradizionali ove i partner condividono la maggior parte delle esperienze, quindi il grado di interdipendenza è elevato; nelle relazioni indipendenti esso è invece minore, poiché i partner mantengono una notevole libertà personale, giungendo spesso a situazioni conflittuali; ancora minore il grado di interdipendenza risulta nelle coppie dei separati che evitano di entrare in conflitto riducendo il cameratismo. La scuola di Palo Alto ha analizzato diverse modalità di interdipendenza nella coppia, differenziando i concetti di relazione simmetrica, complementare e reciproca. Quando la relazione è simmetrica, i coniugi si affrontano come combattenti che gareggiano per l'uguaglianza; quando è complementare, uno dei due è stato preso in carico dall'altro, cui spesso si sottomette con obbedienza; quando è reciproca, essi alternano relazioni simmetriche e complementari, opposizione e comprensione, in base alle situazioni (Watzlawick, Beavin e Jackson, 1967). Nella relazione reciproca le regole e il sistema di metaregole (che stabilisce come debbano accadere gli scambi e a chi sia riconosciuto il compito di stabilire le stesse regole) permettono alla coppia di mantenersi in equlibrio; ciò non avviene quando si dia una totale mancanza di complementarità o di simmetria. Tali carenze possono dipendere da vari fattori, tra i quali emergono: la divergenza cognitiva, determinata dall'incapacità di un partner di comprendere ciò che l'altro chiede; la divergenza di obiettivi, nel momento in cui i fini dei partner entrano in conflitto; la differenza di posizione, qualora uno dei due diventi vittima dell'altro; la differenza strumentale, quando uno dei due assume uno status sociale più elevato (per denaro, prestigio, qualità) cui l'altro non può accedere; la differenza di valori, allorché i valori assunti dai partner sono tra loro inconciliabili. Le relazioni caratterizzate da uno scacco subito nel tentativo di raggiungere la complementarità danno origine allo scisma di coppia, ossia a un legame che non riesce a raggiungere il proprio equilibrio nella definizione di ruoli e regole. Quelle invece in cui il fallimento riguardi la simmetria subiscono la distorsione di coppia, ove uno dei partner assume il pieno controllo dell'altro. Nella prospettiva socio-psicoanalitica, la capacità di impostare un rapporto in cui l'interdipendenza si articola secondo la sintassi della reciprocità è stata considerata anche da E. Erikson (1964), nell'ambito di studi sulla mutualità. Nel rapporto di coppia maturo, essa implica il successo dei processi per un verso di individuazione, intesa come strutturazione dell'identità in modo tale che le interazioni con l'altro non siano solo reazioni, e per l'altro di coesione, condizione raggiungibile solo quando siano superate le esigenze di impostare regressivamente rapporti simbiotici. La crisi di un legame amoroso può essere determinata da fattori interni ed esterni. Tra le cause che possono portare alla fine di un rapporto, prendono rilievo le situazioni in cui gli impegni individuali allontanano i partner e riducono il loro livello di intimità, producendo un numero crescente di conflitti. Vengono riconosciute in proposito come cause più frequenti di dissidi capaci di portare alla separazione: il desiderio di indipendenza; la mancanza di sostegno, di apertura e di intimità; l'assenza di trasporto e affettività. Un ruolo importante all'interno della gestione dei conflitti di coppia viene giocato dalle modalità di attribuzione della responsabilità e delle cause dalle quali essi possono derivare (Zamperini, 1998). Dalla ricerca risulta che le persone che vivono esperienze di coppia soddisfacenti interpretano gli eventi massimizzando gli aspetti favorevoli di comportamenti positivi e minimizzando gli aspetti sfavorevoli di comportamenti negativi. Ad esempio, le azioni positive sono ricondotte a cause disposizionali del partner, quindi interne, stabili nel tempo e globali; quelle negative sono viste come dovute a fattori esterni e instabili, tipici di una situazione particolare e contingente. Viceversa, i partner insoddisfatti della relazione tendono a minimizzare gli aspetti favorevoli di comportamenti positivi e a sottolineare gli aspetti sfavorevoli di comportamenti negativi. Ad esempio, nei giudizi di responsabilità per condotte positive fanno ricorso all'idea di motivazioni egoistiche che avrebbero spinto all'azione, mentre in quelle negative percepiscono soprattutto l'intenzionalità, che genera biasimo. La condizione emotiva esperita influenza quindi il modo di pensare, e tali modalità, attraverso la retroazione, produce a sua volta un'influenza, positiva o negativa, si il futuro stato emotivo dei partner. Tutto ciò incide sulla durata e sulla qualità della relazio ne, oltre che sulle capacità dei partner di gestire le difficoltà che incontrano. Uno degli aspetti più significativi della vita di coppia è il suo sviluppo come organizza zione familiare, che contempla la nascita di figli. Per la coppia, la nuova famiglia si costituisce tramite il matrimonio o la convivenza, che determina la legittimazione del distacco dai singoli nuclei di provenienza e l'apparentamento. La separazione dal gruppo originario, in Occidente, garantisce ai partner l'affrancamento dalla gerarchia di status transgenerazionale: infatti, con il matrimonio o la convivenza il figlio non è pili sottoposto all'autorità paterna e non deve necessariamente vivere sotto lo stesso tetto. La famiglia è un gruppo primario definito naturale, sebbene tale accezione non estingua il ruolo giocato dai fattori storico-culturali. Nella sua costituzione nucleare, essa è caratterizzata dalla convivenza protratta nel tempo di una coppia genitoriale e della sua prole, in una residenza comune. Le principali funzioni che la caratterizzano sono tre: quella di procreazione (famiglia naturale), di cura-educazione dei figli (famiglia di allevamento) e di lignaggio (famiglia adottiva, ossia che offre al figlio legittimazione, identità, affiliazione ed eredità). Ogni famiglia è dotata di una capacità autoreferenziale, ossia dell'attitudine a definire la propria identità, funzionale alla rappresentazione dell'essere una totalità che induce i propri componenti a rispettarla e a riconoscerla. L'auto-referenzialità garantisce il mantenimento di un equilibrio interno, in quanto stabilisce le regolarità che devono essere mantenute nonostante le variazioni derivanti dal contatto con la realtà esterna. Si possono presentare eccessi di chiusura o apertura rispetto al mondo; nel primo caso vengono limitate le potenzialità evolutive e creative del sistema, che subisce un progressivo degrado; nel secondo si genera una smisurata dipendenza dall'ambiente e una conseguente diminuzione delle capacità di autoregolazione, di cui spesso derivano frammentazioni e rotture. Nelle dinamiche di definizione dell’identità familiare i comportamenti e gli atteggiamenti dei componenti rispettano determinate regole, predisposte in base a due registri fondamentali. Il primo è il registro dei rituali, il quale assume la funzione di sincronizzare e armonizzare le condotte, le emozioni e i pensieri dei familiari, ossia funge da regolatore di riferimento per orientare la risoluzione delle ambiguità che si presentano nelle interazioni. Il secondo è il registro dei miti, in cui si annidano le strategie di chiusura (difesa) o apertura del sistema al mondo esterno. Le dinamiche subiscono comunque modificazioni in base al ciclo evolutivo della famiglia e ai contatti con la realtà sociale. Le relazioni familiari sono altresì strutturate da regole socialmente definite, che assumono il valore di legge, tra le quali emergono, per importanza, il divieto dell'incesto e di rapporti sessuali tra consanguinei, il dovere di protezione e sviluppo integrale dei figli, il rispetto reciproco, la mutualità. La famiglia allargata si erige su vincoli di parentela, ed è composta in particolare dai consanguinei con i quali vengono mantenuti rapporti significativi. Tali legami sono molto forti e si indeboliscono relativamente poco con l'andar del tempo. Il rapporto amicale, che, per quanto profondo possa essere, è differente dal legame amoroso, poiché richiede un grado minore di intimità, implica un contatto a due stabile, condiviso e privilegiato rispetto a un gruppo di coetanei, iniziando a presentarsi fin dall'infanzia. Se l'amicizia influisce sulla definizione dell'identità soggettiva, è vero anche che la formazione del Sé e la maturazione dei livelli di autostima influiscono sulle capacità di mantenere rapporti di amicizia profondi, poiché permettono di gestire meglio le situazioni di ostilità e di esperire momenti di condivisione e di reciproca comprensione. E’’ durante l'adolescenza che l'aspetto osmotico tra le aree della soggettività e dell'alterità assume le tonalità affettive pili accentuate. In questa età il senso della reciprocità acquisisce i tratti della consapevolezza, poiché il confronto è gestito all'interno dello stesso rapporto e si svincola, maggiormente di quanto non avvenga nell'infanzia, dalle condizioni esterne. I comportamenti affiliativi adolescenziali non crescono solo nelle dinamiche amicali diadiche, ma specialmente all'interno del gruppo dei pari. Tale dimensione accresce progressivamente il proprio valore, parallelamente al sottrarsi da parte dei giovani all'influenza dei genitori. Nell'età adulta l'area dell' amicizia e dell'affiliazione permangono, pur assumendo una valenza secondaria rispetto alla vita di coppia e familiare, che conquistano una posizione centrale negli interessi e nei livelli di impegno profuso quotidianamente. I rapporti umani - familiari, di coppia, amicali e affiliativi - sono una risorsa preziosa per affrontare le difficoltà dell'esistenza; il sostegno sociale da essi prodotto è decisivo per il benessere individuale. L'aiuto messo a disposizione da persone legate a soggetti che si trovino in difficoltà permette di vivere esperienze di confronto e rassicurazione, realtà essenziali per migliorare non solo la qualità, ma addirittura la quantità della vita. ADRIANO ZAMPERINI |